
La Natura del Parco nazionale del Cilento
Antri e Grotte
Uno dei contrasti cromatico-formali più interessanti è fornito dall’ingresso in grotte marine a filo d’acqua. Fuori l’accecante apparenza, dentro il mondo dei pallidi riflessi. Sto riflettendo sull’escursione fatta con delle amiche alla Grotta azzurra di Palinuro. Si entra da una zona cromatica tutta “calda” per trovarsi in un mondo di colori freddi. L’azzurro delle acque ha qualcosa di misterico, non solo luminoso, ma anche “numinoso”. La luce non viene dall’alto, ma dal basso. E non è una luce diretta, che potrebbe dare la sensazione della direzionalità, ma diffusa come in un teatro delle tenebre.


Grotte di Pertosa-Auletta

Situate nel massiccio dei Monti Alburni, le Grotte di Pertosa-Auletta sono uno dei geositi focali del Geoparco “Cilento” e presentano due unicità:
- sono le uniche grotte in Italia dove è possibile navigare un fiume sotterraneo, il Negro;
- ma sono anche le sole in Europa a conservare i resti di un villaggio palafitticolo risalente al II millennio a.C.
Con le nostre guide, la visita alle grotte turisticamente attrezzate (percorsi segnati e comodi) ed illuminate da un impianto di ultima generazione, si trasforma in una piacevole avventura. Il fiume offre un affascinante ed inconsueto viaggio in barca, immersi in un silenzio magico, interrotto soltanto dal fragore degli scrosci della cascata sotterranea.
La visita permette di esplorare antri e cavità modellati dalla natura in migliaia di anni.

Fiumi e cascate
Le cascate dei Capelli di Venere, l’oasi Capello di Casaletto Spartano

Il nome dato alle cascate dei Capelli di Venere è da ricercare nella pianta che ricopre la roccia sopra la quale scorrono le cascate. Si tratta di una felce di nome Capelvenere, da cui il nome alle cascate. Il Capelvenere è una pianta molto elegante da un colore verde molto acceso e un aspetto leggero.
Alture e cime

Monte Gelbison
Nel cuore del Cilento, alle spalle di Vallo della Lucania, si erge il Monte Gelbison (più comunemente conosciuto come “Monte Sacro” o “Monte di Novi Velia” perché frazione di questo Comune). È un grande cono verdeggiante che, in virtù dei suoi 1707 metri di altezza sul livello del mare, rappresenta la vetta più alta del gruppo dei monti del Cilento. È senza alcun dubbio il più spettacolare punto di osservazione su tutto il territorio del nostro Parco Nazionale a 360°, dalla costiera, alle valli, alle quote più elevate: dal mare di Ascea, l’area archeologica di Velia, Capo Palinuro, fino alla valle di Rofrano e il monte Cervati con i suoi 1898 metri.
Il nome del monte è di etimologia saracena, “Gebil-el-Son” – la “Montagna dell’Idolo”, perché questa montagna era considerata sacra già prima che i Monaci Basiliani, nel X sec., fondassero il santuario sulla vetta. La sacralità dei luoghi si avverte già all’imbocco del sentiero dove, tra la folta e suggestiva vegetazione, il torrente Torna scorre saltellando qua e là tra i massi di arenarie formando una successione di pozze e piccole cascate.
Ninfe, sirene, dei e mostri nel Cilento antico
Non tutti conoscono la storia mitologica del Cilento, utile per capire le figure rappresentate nella mostra di “Cilentum Blues”, perciò fornisco qualche ragguaglio.
Leucosya
Il quadro “La fine di Leucosia abbandonata da Ulisse” si riferisce a una delle tre sirene che abitavano gli scogli e le insenature del golfo di Salerno: Leucosia, Ligea e Partenope. Il loro canto rappresentava un pericolo per i naviganti. Secondo il poeta ellenico Licofrone, sono propio loro le sirene che tentano Ulisse per attirarlo, ma l’eroe greco usa uno stratagemma per non cedere alle lusinghe melodioso e salvarsi. Leucosia per il dispiacere si lascia morire nelle acque di quella che adesso si chiama Punta Licosa. Il comune di Santa Maria di Castellabate organizza ogni anno i “Concerti sull’acqua” in suo onore.
Kamaratòn

Kamaratòn invece è una ninfa, la cui storia appare intrecciata a quella di Palinuro, il nocchiero di Enea la cui tragica fine è raccontata nel V libro dell’Eneide. La ninfa ha dato il nome all’attuale paese di Marina di Camerota.
Il grande patrimonio archeologico
Sacello ipogeo di Paestum
Nell’antichità romana il sacello (latino sacellum, diminutivo di sacrum, “recinto sacro”) era una piccola area recintata e senza copertura con al centro un’ara. Era solitamente dedicata a una divinità minore. Spesso nel sacello trovavano posto edicole, fontane, statue e tavoli per le offerte


Pianta di Poseidonia/Paestum


Tradizioni di lavoro
Alici di Menaica
Si chiamava originariamente menaide ed era una barca che in passato solcava il Mediterraneo nei mesi primaverili, a pesca di alici. Montava la menaica, una rete a maglia unica tramandata fin dai tempi dell’antica Grecia, che pian piano ha finito con l’identificare la barca stessa. Dopo aver servito generazioni di pescatori per secoli, qualche decennio fa, con l’avvento dell’industrializzazione, la menaica (tanto la barca quanto la rete) è stata semi abbandonata, fatta eccezione per una piccola “bolla” di resistenza nel Cilento, a Marina di Pisciotta. Oggi sono sole sei le menaiche che tra aprile e giugno escono in mare a perpetuare una tradizione di pesca antica e perfettamente sostenibile, differente in tutto e per tutto alla tecnica moderna che utilizza le reti da circuizione.
Le alici di Menaica si pescano nelle giornate di mare calmo, tra aprile e luglio; i pescatori escono al tramonto e stendono la rete al largo sbarrando il loro passaggio nelle ore notturne. La particolarità di questa tecnica è proprio la rete, che si chiama “Menaica”. Essa seleziona solo le alici più grandi che, nervose e guizzanti, si agitano perdendo in breve tempo gran parte del sangue. I pescatori ritirano a mano la rete in superficie ed estraggono ad uno ad uno i pesci, ripulendoli direttamente delle interiora e della testa, e sistemandoli in cassette. Non viene usato per il trasporto a riva alcun tipo di refrigerante o ghiaccio. Le alici vengono immediatamente lavorate, prima lavandole nella salamoia, e poi sistemate nei tradizionali vasetti di terracotta, alternate con con strati di sale marino artigianale di Trapani. La stagionatura avviene nei cosiddetti magazzeni, locali freschi e umidi, ed ha una durata di almeno tre mesi.
Categories: C12- [CILENTUM BLUES]
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