C’è una cosa che faccio da ragazzo: passeggiare nel mare. Entro per circa quattro-cinque metri e passeggio per centinaia di metri in parallelo alla battigia. Osservo il colore del mare. Ma il mare che colore ha? Il mare è metamrfosi. Una continua, cangiante metamorfosi.Una metamorfosi simbiotica col cielo. Entrambi dipendenti dalla potente luce del sole. Ma visto da dentro, il mare è soprattutto sensazione di forza. Esprime una sensazione tattile, più che visiva. La forza che spinge sui muscoli.
Quando ci stai dentro il mare è una massa di colore. Nel tardo pomeriggio assume una consistenza muschiosa. Sembra verde smeraldo, soprattutto quando si piega a creare le onde, su acque basse. Quel verde è solidale al colore terra di siena chiara della sabbia sottostante. Di mattina, prima del sorgere del sole, il mare è vitreo, freddo, di un azzurro lontano. Quando si prepara al tramonto è caldo, materno, confidenziale.Anhe le onde sono inoffensive, ti scondinzolano intorno come cagnolini festosi. La natura si compiace di se stessa, accogliendoti nel suo grembo.
Quando passeggi nel mare hai la visione netta di due universi: da un lato l’immensità, dall’altro la spiaggia affollata di gente. Hai la visione di quello che è e di quello he potrebbe essere. La natura infinita e immutabile dell’essere; la mutevole esperienza umana, il regno della contingenza. Sulla spiaggia l’umanità appare meno ringhiosa che nel traffico urbano, dove una precedenza mancata o un sorpasso fanno salire il livello della bile. La calma sembra regnare, anche quando la gente si scatena in danze da spiaggia, fregandose della cellulite.

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